Pieve di Cusignano  

 

 

 

Ernestino

 

 

Comincia così la storia de :

Il vecchio Gelso racconta

 

 

Un amico cantore, Tino, esperto agronomo, botanico, ma soprattutto amante
della terra e dei suoi frutti, ha donato ai Cantori di Santa Margherita
questa piccola storia che racconta una vita, una vita donata con secolare e
paziente generosità.
scoprirai qualcosa, "qualcuno" che con la tua Pieve ami tanto. un silenzioso
testimone del tempo, un tempo che continua con noi e oltre noi....
Roberta

 

Il vecchio Gelso racconta

100 anni? Di più! 200?  300? Non so ma è lì da tanto tempo, ha  accompagnato in chiesa tante generazioni, tante processioni della campagna, tanti matrimoni tanti battesimi tanti funerali,tante manifestazioni legate a quella magnifica e ridente frazione fidentina che porta un nome caro a tutti noi, Pieve Cusignano.

Questo gelso ha cessato di fare foglie due anni fa ed è ancora visibile l'ultimo rametto che teneva in vita il secolare vegetale.

Il gelso è un albero molto conosciuto nella nostra zona ben acclimatato direi perfino autoctono, utile per il legname ma soprattutto per l'industria legata al baco da seta, oggi in disuso ma attivissima fino a pochi decenni di anni fa.

Le foglie sono state anche alla base della alimentazione bovina, in merito gestisco con amore e nostalgia un nutrito ricordo, di quando si staccavano a mano dai rami per deporle nel mitico panierone fatto con le stroppe di gasìa, munito di due maniglie alle estremità dove veniva infilato il palo che consentiva a due persone il trasporto nella stalla. A volte il panierone era più pesante del solito, capitava quando furbescamente e di nascosto noi piccoli ci si infilava dentro sotto le foglie. Forniva anche frutta per la alimentazione umana, composta dalle cosiddette more bianche o nere, da qui il nome botanico di moracee per citare la famiglia di appartenenza. Nei campi era la pianta più coltivata e dava corpo a magnifici filari, lungo i fossati lungo le caraie lungo le strade, e davanti alle case erano sempre in coppia. Oggi se ne vedono ancora come quelli in duplice filar che dalla chiesa di Cabriolo si spingono sulla strada che da Fidenza porta a Tabiano. Altri isolati si intravvedono qua e la rimasti orfani dopo che lo scempio praticato senza misura ha consentito la estirpazione di quelli vicini. Alcuni esemplari, secolari, sono ancora vicino alla casa protetta Peracchi di Fontanellato, ultimi rimasti di un bellissimo viale che dal paese andava verso il Priorato, cancellati per far posto alla autostrada.
È una pianta destinata al declino perché nessuno mette più a dimora, se non in rari casi, come quelli piantati da Fiore, il fratello della Marina e quelli che ho messo giù io a Toccalmatto. I vivaisti hanno invaso i giardini moderni con gelsi ornamentali ma di diversa specie. Ecco perché assume importanza particolare il gelso di Pieve, sicuramente l'esemplare più antico, e la sua fine vegetativa indica la fine stavolta, di una epoca, non più di una generazione.

Mi commuove un fatto: che il cimitero di Pieve custodisca la memoria di persone vissute 200 anni fa che hanno in comune con me, con voi, la visione di quella pianta, oggi, haimè, venuta a meno.

Un gelso a tutti
Ernestino.

 

  

 

 

Mi commuovi caro Tino, mi commuove il tuo racconto, mi rattrista la fine del Gelso della Pieve.
Al Mur.

Mio papà ci giocava ai tempi della scuola ed era lì da sempre.

Mio  papà compirà ottant'anni il prossimo febbraio...

Fino alla fine del tuo racconto, pacato e sentito, ho sperato che ci svelassi la sapienza con la quale avresti potuto continuare a far vivere questo "nonno" vigile e sovrano sul nostro passato e, ci saremmo augurati, sul nostro futuro.

Non è stato così.

Grazie comunque per averci descritto, attraverso i tanti doni di questo albero giunto alla fine del suo tempo, i colori della vita.
Il tuo narrare ci sia monito per l'amore verso il nostro presente e per costruire e assicurare un futuro possibile.

Ti abbraccio.
Roberta


 

Carissima Roberta, accolgo volentieri le tue belle parole e ti ringrazio per il significato che hai dato al tema.

Anch'io sono molto legato alla Pieve,ci venivo fin da piccolo con mia mamma che erano un po i suoi posti. Mi portava alle "arie su a Gabbiano a casa degli zii Armina e Iufen Zani e li rimanevo per giorni, poi giù alla osteria dalla mia cugina Riten.

Al Cerro si chiedevano dove fossi: lum purtè agliari a gabbian! ahh, come per parlare di un posto lontano e famoso. Su a Montamanulo ci sono i cugini Frigeri ed i miei omonimi, vicini al Santuario da dove parte, non so da quanto tempo, la processione della Madonna fin giù alla chiesa, e qui solo il gelso della Pieve sa quando è iniziata! Ecco, il Mur, come lo chiami amorevolmente tu,conosce tutte queste cose, è custode della vita quotidiana e della storia della Pieve; rimarrà nella mente dei paesani e di quelli a venire, che mi auguro, provvederanno alla messa a dimora di un altro esemplare.

Ciao Roberta e un saluto al coro

Lo sapevi che numerosi anni fa (prima della seconda guerra) accadde che un autunno, al cader delle foglie, apparve una bicicletta nascosta tra le sue fronde?

Ad un ragazzo di Fidenza che andava a morosa a Pieve, e si incontrava proprio presso il Gelso, gli amici vi nascosero la bicicletta e il povero malcapitato si fece tutta la strada a piedi santiando e giurando che non avrebbe mai più avuto nulla a che fare con quelli di Pieve ... ma poi ....!
 

Oppure che durante la seconda guerra i partigiani rapirono il Parroco della Pieve proprio sotto il Gelso? Chiesero un riscatto di 100 lire per liberarlo che venne pagato con una colletta tra i compaesani!
Beh in tanti anni di cose deve averne ben viste!
 

Io lo saluto ogni lunedì mattina quando passo per andare al lavoro e ogni volta, chissà perché, spero di vedere qualche timida fogliolina spuntare sui rami spogli.
Grazie Tino, anche per la bella foto!
 

Mi premeva ricordare che il gelso della Pieve era l'unico albero della provincia di Parma citato tra gli alberi monumentali italiani vincolati per età e pregio botanico.

 

 

 

 

 dipinto di Mario Alfieri

2011, 2 gennaio

 

 

 

 

 

 

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