Pieve di Cusignano
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Ernestino
Comincia così la storia de : Il vecchio Gelso racconta
Un amico cantore,
Tino, esperto agronomo, botanico, ma soprattutto amante
Il vecchio Gelso racconta 100 anni? Di più! 200? 300? Non so ma è lì da tanto tempo, ha accompagnato in chiesa tante generazioni, tante processioni della campagna, tanti matrimoni tanti battesimi tanti funerali,tante manifestazioni legate a quella magnifica e ridente frazione fidentina che porta un nome caro a tutti noi, Pieve Cusignano. Questo gelso ha cessato di fare foglie due anni fa ed è ancora visibile l'ultimo rametto che teneva in vita il secolare vegetale. Il gelso è un albero molto conosciuto nella nostra zona ben acclimatato direi perfino autoctono, utile per il legname ma soprattutto per l'industria legata al baco da seta, oggi in disuso ma attivissima fino a pochi decenni di anni fa.
Le foglie sono state anche alla
base della alimentazione bovina, in merito gestisco con amore e nostalgia un
nutrito ricordo, di quando si staccavano a mano dai rami per deporle nel mitico
panierone fatto con le stroppe di gasìa, munito di due maniglie alle estremità
dove veniva infilato il palo che consentiva a due persone il trasporto nella
stalla. A volte il panierone era più pesante del solito, capitava quando
furbescamente e di nascosto noi piccoli ci si infilava dentro sotto le foglie.
Forniva anche frutta per la alimentazione umana, composta dalle cosiddette more
bianche o nere, da qui il nome botanico di moracee per citare la famiglia di
appartenenza. Nei campi era la pianta più coltivata e dava corpo a magnifici
filari, lungo i fossati lungo le caraie lungo le strade, e davanti alle case
erano sempre in
coppia. Oggi se ne vedono ancora come quelli in duplice filar che dalla chiesa
di Cabriolo si spingono sulla strada che da Fidenza porta a Tabiano. Altri
isolati si intravvedono qua e la rimasti orfani dopo che lo scempio praticato
senza misura ha consentito la estirpazione di quelli vicini. Alcuni esemplari,
secolari, sono ancora vicino alla casa protetta Peracchi di Fontanellato, ultimi
rimasti di un bellissimo viale che dal paese andava verso il Priorato,
cancellati per far posto alla autostrada. Mi commuove un fatto: che il cimitero di Pieve custodisca la memoria di persone vissute 200 anni fa che hanno in comune con me, con voi, la visione di quella pianta, oggi, haimè, venuta a meno.
Un gelso a tutti
Mi commuovi caro Tino, mi commuove il tuo
racconto, mi rattrista la fine del Gelso della Pieve. Mio papà ci giocava ai tempi della scuola ed era lì da sempre. Mio papà compirà ottant'anni il prossimo febbraio... Fino alla fine del tuo racconto, pacato e sentito, ho sperato che ci svelassi la sapienza con la quale avresti potuto continuare a far vivere questo "nonno" vigile e sovrano sul nostro passato e, ci saremmo augurati, sul nostro futuro. Non è stato così.
Grazie comunque per averci
descritto, attraverso i tanti doni di questo albero giunto alla fine del suo
tempo, i colori della vita.
Ti abbraccio.
Carissima Roberta, accolgo volentieri le tue belle parole e ti ringrazio per il significato che hai dato al tema. Anch'io sono molto legato alla Pieve,ci venivo fin da piccolo con mia mamma che erano un po i suoi posti. Mi portava alle "arie su a Gabbiano a casa degli zii Armina e Iufen Zani e li rimanevo per giorni, poi giù alla osteria dalla mia cugina Riten. Al Cerro si chiedevano dove fossi: lum purtè agliari a gabbian! ahh, come per parlare di un posto lontano e famoso. Su a Montamanulo ci sono i cugini Frigeri ed i miei omonimi, vicini al Santuario da dove parte, non so da quanto tempo, la processione della Madonna fin giù alla chiesa, e qui solo il gelso della Pieve sa quando è iniziata! Ecco, il Mur, come lo chiami amorevolmente tu,conosce tutte queste cose, è custode della vita quotidiana e della storia della Pieve; rimarrà nella mente dei paesani e di quelli a venire, che mi auguro, provvederanno alla messa a dimora di un altro esemplare. Ciao Roberta e un saluto al coro
Lo sapevi che numerosi anni fa (prima della seconda guerra) accadde che un autunno, al cader delle foglie, apparve una bicicletta nascosta tra le sue fronde?
Ad un ragazzo di Fidenza che andava a morosa a
Pieve, e si incontrava proprio presso il Gelso, gli amici vi nascosero la
bicicletta e il povero malcapitato si fece tutta la strada a piedi santiando e
giurando che non avrebbe mai più avuto nulla a che fare con quelli di Pieve ...
ma poi ....!
Oppure che durante la seconda guerra i
partigiani rapirono il Parroco della Pieve proprio sotto il Gelso? Chiesero un
riscatto di 100 lire per liberarlo
che venne pagato con una colletta tra i compaesani!
Io lo saluto ogni lunedì mattina quando passo per andare al lavoro e ogni volta,
chissà perché, spero di vedere qualche timida fogliolina spuntare sui
rami spogli. Mi premeva ricordare che il gelso della Pieve era l'unico albero della provincia di Parma citato tra gli alberi monumentali italiani vincolati per età e pregio botanico.
dipinto di Mario Alfieri
2011, 2 gennaio
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